8 marzo, giornata internazionale della donna

Ehy donne…tutte pronte per stasera? Avete già scelto l’abito più chic e il locale più glamour dove andare a ballare? Perché è la nostra festa, la Giornata Internazionale della Donna, e dobbiamo festeggiare come tradizione, trascorrendo una serata rosa all’insegna della disinibizione più totale. Tralasciando il più che discusso fatto che in realtà sarebbe la ricorrenza della morte di alcune giovani donne in fabbrica (anche se non si è capito realmente da dove venga, perché anche quest’ultimo è oggetto di discussione), esiste realmente motivo di festeggiare? Molte donne risponderebbero di sì, riallacciandosi alle ”numerose conquiste” che le grandi donne del passato (spesso ignorando chi siano queste ultime e ancora peggio, cos’abbiano fatto) e perché bisogna festeggiare la nostra emancipazione.

 

Ora mi fermerei un attimo a riflettere su una banalissima questione: perché se noi donne siamo alla pari con gli uomini, abbiamo una festa tutta per noi, mentre gli uomini no? Credo non ci sia nulla di più triste di una giornata in cui l’ipocrisia è simile a quella della bontà natalizia, in cui gli uomini ci prestano particolari attenzioni solo per 24 ore, ci regalano la mimosa, con tanto di frasi in cui elogiano l’importanza del nostro essere.  Se solo tutto questo fosse sincero, di certo non accadrebbe più di incorrere in un direttore di lavoro che decide che il tuo operato vale di meno, perché sei donna, o che ogni donna debba trovarsi davanti un bivio che la porti a scegliere fra carriera o famiglia. Mentre in oriente si trovano costrette per via della religione o della società che impone solo privazioni e obblighi, in occidente sono i media e la radicata immagine della donna-tipo a influenzare le menti delle donne. Devono fare un culto della propria bellezza, come se fosse l’unica arma per avere qualche possibilità,  e a lungo andare questo ha portato a una triste realtà: sono le stesse donne che, influenzate da questi cliché,  sono diventate causa della loro subordinazione rispetto al genere maschile. Si parla dovunque di maschilismo, ma sono le stesse donne che spesso sono le prime a incarnare, talvolta inconsciamente questi ideali, riducendo la loro essenza all’apparire, sentendosi costrette a tutti i costi a rassomigliare anche lontanamente alle grandi donne dello spettacolo.  È come se tutto fosse così distorto da non riuscire a capire la differenza fra donne e Donne. Non basta esaltare le proprie forme, questo di certo ti farà sembrare la regina di una sera, in cui sarai costernata da uomini che ti elogiano perché in realtà sono interessati solo ed esclusivamente alla tua femminilità fisica. Ma un quadro ancora più raccapricciante è offerto dalle 128 donne uccise solo in Italia nel 2013, e dai tentativi di stupro che sono diventati all’ordine del giorno, una cosa tanto comune quanto raccapricciante, di cui lo Stato sembra non curarsi minimamente,  limitandosi a farne titoli da copertina di giornale. Perciò, l’ideale sarebbe mutare questa ricorrenza in una giornata di pura riflessione, soffermandosi su ciò che ognuno può fare per tentare di continuare le battaglie delle nostre donne del passato, le cui morti,  a lungo andare,  potrebbero diventare sempre più vane difronte uno scenario cosi triste.

“La donna uscì dalla costola dell’uomo, non dai piedi per essere calpestata, non dalla testa per essere superiore,  ma dal lato, per essere uguale, sotto il braccio per essere protetta, accanto al cuore per essere amata.” (W. Shakespeare)

 

Veronica Sirianni, associata Paolab.