L’uomo è un animale sociale – la pandemia ai tempi dei social network.

L’uomo è un animale sociale.
Ce lo ricorda Aristotele sin dal IV secolo prima di Cristo, osservando il comportamento degli esseri umani e
traendone una conclusione che non è dato smentire. Tant’è vero, sentenzia Aristotele, che “    chi non ha
bisogno di nulla, bastando a se stesso,    (…)  è una belva o un dio”      ( Pol. I, 2, 1253)    .
A metà strada tra bestia e divino, l’uomo ricerca l’    altro uomo     per necessità esistenziale.    Lo stesso     Robinson
Crusoe,  allorquando capisce di essere solo, trova necessaria compagnia in     Wilson .
In un periodo particolare come quello che stiamo vivendo, nelle settimane caratterizzate dalla presenza di
un  flagello  pandemico  che  vede  di  giorno  in   giorno  aggravare   sempre   di più   i  suoi  effetti,  con   il pieno
coinvolgimento   di   paesi   e   culture   diverse   occorre   interrogarsi   su   come     il   bisogno   di   socialità   si   stia
adattando alle mutate contingenze.
Nel periodo in cui l’emergenza del COVID-19 impone misure stringenti di quarantena, che si fanno sempre
più serrate di ora in ora, diminuiscono al lumicino le possibilità di incontri ed interscambi. Le aree pubbliche
d’incontro   sono   interdette;   le   limitazioni   alla   libertà   di   movimento   hanno   fatto   sì   che   le   interazioni
immediate    , fisiche, dirette tra individui siano ormai scomparse, rese impraticabili, classificate come minaccia
per   la   salute   pubblica.   È   la   filogenesi   che   prende   sopravvento   sull’ontogenesi.   Per   la   salvaguardia
dell’umanità come specie, si sacrifica la     qualità  umana di oggi.
Un metro è ormai la distanza che separa l’uomo dalla sua umanità.  Come recuperala?
La  vita  in isolamento è di giorno in giorno  più ferrea, specie negli  spazi angusti degli  appartamenti dei
quartieri      alveare   delle grandi città. Purtuttavia, abbiamo oggigiorno un poderoso strumento nelle nostre
mani;  i  mezzi  di  comunicazione   e  le  piattaforme   online   che  permettono  di superare  le   distanze  fisiche,
rendendo prossimo l’inavvicinabile.  È il contatto virtuale che si sostituisce di     necessità     a quello reale sotto
la spinta del     nostro  bisogno di socialità.
Il  bisogno  di  condividere   il  proprio   pensiero,  di  trovare   approvazione   e   combattere   il   diniego  nell’altrui
risposta, è veicolato oggi da telefoni cellulare, computer e tablet che permettono di esprimerci socialmente
appagando il nostro “essere” individui umani.
I giapponesi hanno una parola per descrivere l’atto di bere con gli amici mentre si è isolati,     on-nomi.     È una
pratica sociale che ben esprime la ricerca e l’adattamento dell’umana socialità.
Si immagini per un attimo come potrebbe essere vissuta questa delicatissima fase di isolamento senza la
rete internet, o facendo riferimento ad un passato prossimo, ad affrontare la quarantena con i sistemi di
telecomunicazione di qualche anno fa,   Quanti     Signor Wilson avrebbero visto     la luce?
Il bisogno sociale di esorcizzare il male attraverso l’uso dei social media sta dando modo di organizzare
forme alternative di attività sociali in Italia e in altre parti del mondo come i     flash mob    , dove le persone si
ritrovano e si riscoprono comunità anche se distanti migliaia di chilometri.
l progresso ci permette di aver accesso alle piazze ed ai luoghi di incontro virtuali, mai così determinanti ed
utili come ora  ad aiutare gli esseri umani nell’ affrontare problemi sostanziali come la necessità dello     stare
insieme .
Né belva, né dio, l’uomo è, e rimane, un animale sociale.